Molte persone sperimentano blocchi a livello di processo decisionale.
Alcuni di questi blocchi influenzano i nostri progressi nel tempo presente, altri potrebbero aver presentato ostacoli significativi in passato, lasciando sfide irrisolte che continuano a influenzare la nostra vita fino ad oggi. Molto spesso, una persona evita di prendere una decisione preferendo procrastinare o non si impegna a perseguire una decisione già presa, per paura di non riuscire ad ottenere il risultato sperato.
Dagli anni ’40 è stata costruita una ricca letteratura, con l’obiettivo di aiutare gli individui e le organizzazioni a raggiungere decisioni “ottimali”. Sono state tracciate distinzioni tra scelte rischiose e quelle prive di rischio, tra razionalità perfetta e limitata, e tra strategie normative e modelli descrittivi. Eppure, è stata prestata relativamente poca attenzione al divario tra decisione e la NON decisione stessa, una sfida osservata frequentemente dai coach.
È ampiamente sottovalutato il numero di NON decisioni che prendiamo quotidianamente.
Ogni volta che ci troviamo di fronte a poste in gioco alte o più semplicemente insolite, contesti non familiari, contesti inaspettati o potenziali risultati contrastanti o di valore altrettanto elevato, tendiamo a mettere da parte lo sforzo decisionale. Il problema principale è che indipendentemente dal fatto che questo processo sia conscio o inconscio, molte di queste decisioni “non prese” finiscano per occupare il nostro spazio mentale, contribuendo spesso a generare uno stato di ansia.
A differenza della paura, l’ansia non ha un oggetto chiaro. Nasce dall’irriducibile incertezza che un dato stato di cose comporta. Ma se è così, perché non semplicemente “prendere una decisione” per risolvere l’incertezza persistente? In questo caso, il giusto o sbagliato passa abbondantemente in secondo piano! Voi come gestite le situazioni decisionali?